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LA CORONA O GHIRLANDA D'AVVENTO


La Corona d'Avvento (da “Adventus”, che significava venuta della divinità) affonda le sue radici nelle tradizioni e nei riti pagani germanici e celtiche che si celebravano nel mese di dicembre per festeggiare Yule, che significa “ruota”: Una data che segna il punto definitivo nella Ruota dell’Anno nel Solstizio d’Inverno, simboleggiata dalla ghirlanda fatta con vischio e rami di abete, addobbata con nastri colorati e luci.


Rappresenta quindi, la ruota che sempre gira, il cerchio senza fine che ogni volta si compie. la Grande Madre da vita al Sole Bambino “Sol Indiges” (Sole nativo o Sole invocato), o meglio ancora, al “Sol Invictus” (Sole invitto o Sole vittorioso) che squarcia le tenebre dell’inverno e porta con se speranza e la promessa dell'estate.


La Grande Madre lo porta nel suo giovane grembo, grembo che ha dato la vita a tutte le cose come Madre della Natura che gira la ruota ancora una volta. Il simbolismo pagano della ghirlanda si inserisce bene nella mistagogia cristiana della natività di Cristo, ma lo trascende: la luce, il calore, la vita che si desiderano non sono più quelle che provengono dal sole, ma da Cristo; la vittoria che si vuole celebrare è quella di Cristo sulle tenebre e sulla morte.


Ma la tradizione di abbellire una ghirlanda nel tempo liturgico di avvento è un’usanza abbastanza recente nata nel XIX secolo nella città di Amburgo dall’idea di un giovane pastore della chiesa evangelica Johann Hinrich Wichern (1808-1881).


La versione originale della Corona di Avvento prevedeva la presenza di un maggior numero di candele, una candela per ciascun giorno dell'Avvento. Presto divenne simbolo dell'Avvento nelle case dei cristiani dei paesi europei di cultura anglosassone, tra i protestanti e i cattolici; successivamente fu impiantato anche in America.


Molte chiese cattoliche, con l’inizio dell’Avvento, cominciarono ad avere una corona, posta al centro o presso l’ambone, e le ventiquattro candele iniziali, si ridussero a quattro, come i quattro elementi: terra, aria, acqua, fuoco; le quattro parti del mondo: oriente, occidente, meridione, settentrione; le quattro stagioni: autunno, inverno, primavera, estate; le quattro età dell’uomo: infanzia, adolescenza, gioventù, vecchiaia; e per rappresentare liturgicamente le domeniche di Avvento (che nel rito ambrosiano sono sei) in attesa del Natale.


Liturgicamente le candele sono tre di colore viola e una quarta rosa: viola per indicare la penitenza e la conversione a Dio, rosa in segno di gioia per l’imminente nascita di Gesù; quella rosa è accesa la terza domenica di Avvento, detta appunto “Gaudente” (Rallegratevi).


In Svezia sono tutte di colore bianco; in Austria hanno colori diversi: viola, rosso o verde, rosa, bianco o giallo.


Ognuna di esse ha una denominazione ed un significato peculiari:


- La prima candela, (colore viola) quella che si accende la prima domenica di Avvento, si chiama Candela del Profeta ed è la candela della speranza. Ci ricorda che molti secoli prima della nascita di Gesù ci furono uomini saggi, chiamati profeti, che predissero la sua venuta al mondo. Un profeta di nome Michea predisse perfino che Gesù sarebbe nato a Betlemme.


- La seconda candela, (colore rosso o verde) chiamata Candela di Betlemme: candela della chiamata universale alla salvezza; ci ricorda la piccola città in cui nacque il Salvatore.


- La terza candela (colore rosa) è chiamata la Candela dei pastori, candela della gioia, perché furono i pastori ad adorare il santo Bambino e a diffondere la lieta notizia.


- La quarta candela (colore bianco o giallo) è al Candela degli Angeli per onorare gli Angeli e la notizia che portarono agli uomini in quella notte meravigliosa.


Esiste l'usanza di mettere al centro della Corona d'Avvento anche una quinta candela di colore bianca o dorata, che si accenderà la Notte di Natale a simboleggiare la natività di Gesù Cristo!


LA STORIA DELLE QUATTRO CANDELE D'AVVENTO...


In una stanza silenziosa c'erano quattro candele accese. La prima si lamentava: «Io sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così accadde. La seconda disse: «Io sono la fede. Ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così accadde. La terza candela confessò: «Io sono l'amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere». All'improvviso nella stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: «Ho paura del buio». Allora la quarta candela disse: «Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la speranza». In questo racconto al centro c'è un bambino, come il neonato Gesù del testo evangelico (Luca 2, 22-40): è lui a far sfavillare nuovamente le candele spente. Sì, perché sulla storia le tenebre si allargano spegnendo le luci della pace, dono sempre sospirato, della fede che allarga gli orizzonti e dell'amore che riscalda la vita. Rimane l'ultimo filo di luce, quello della candela della speranza. Ad essa si rivolge il bambino per riportare in vita la pace, la fede e l'amore.


(Bibliografia: La Corona di Avvento. Attualità di una Tradizione Natalizia, di Gianfranco Venturi. Ed. Messaggero Padova)


Namastè 🌸🍀🌸

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